Le infomazioni pubblicate sui quotidiani, settimanali o viste in televisione hanno un tempo medio di permanenza di alcune settimane, poi vengono dimenticate a meno che non vengano riprese (o rivitalizzate) da contenuti freschi che continuano il thread.
Questo riguarda sia le informazioni personali che i fatti di cronaca e queste dinamiche sono ben conosciute dai professionisti della comunicazione che sanno accendere o spegnere un flame (una fiammata) attraverso strumenti quali comunicati stampa, bollettini, articoli, interviste, servizi.
Su internet le cose funzionano in maniera completamente diversa a causa di un fattore determinante: il motore di ricerca.
Le infomazioni contenute nelle oltre 30 miliardi di pagine pubblicate in rete vengono continuamente analizzate, classificate e indicizzate da software che ci presentano i risultati secondo una classifica di rilevanza ottenuta da algorimti complessi.
In questo caso il motore di ricerca, di cui Google è il capofila non assegna automaticamente un elevata importanza alla data di pubblicazione o alla data in cui un evento si è verificato.
Per fare un esempio concreto cercando il programma della settimana nazionale della cultura si ottiene prima il calendario del 2007 e molto dopo quello del 2008 perché le pagine in questione erano state curate meglio lo scorso anno. Google non capisce che a noi interessa di più il programma attuale!!
Allo stesso modo un professionista o un’azienda finito in uno scandalo poi rivelatosi infondato può vedere decine se non centinaia di pagine che fanno riferimento al fatto di cronaca e magari pochi o lontani riferimenti alla sua onorata carriera ventennale.
E’ inutile cercare un etica o dare un giudizio al comportamento del motore di ricerca, però è possibile sancire e tutelare il diritto di ogni persona all’oblio circa i propri dati personali o in riferimento a fatti di cronaca, attraverso la non indicizzazione eterna nei motori di ricerca.
Lo scorso anno il garante della privacy aveva sancito questo diritto obbligando Google a cancellare alcuni documenti e link lesivi dell’immagine di una donna ingiustamente accusata e poi prosciolta, ma che vedeva il suo nome ancora associato al fatto in questione.
Il web 2.0 ha reso le cose molto più complesse perché sono aumentati in misura stratosferica i contenuti generati dagli utenti; non solo testo ma foto, files audio e video con relativi tags e meta tags.
La tracciabilità delle informazioni ed il cosidetto trackback o backlink è reso in questo modo più complesso perché passa da un mezzo multimediale all’altra attraverso l’ineffabile filo del tag.
Citiamo dal blog Punto informatico:
“Francesco Pizzetti, intervenuto all'Università di Torino in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali, sembra convinto che tra
10 o 15 anni le immagini e i dati pubblicati oggi dalle giovani generazioni possano ritorcersi contro di loro: una preoccupazione comprensibile se si pensa che il Garante ha più volte denunciato quella che ritiene l'inesistenza del diritto all'oblìo per quanto riguarda i dati rilasciati in rete. Sebbene profili e persino intere comunità di social networking possono essere cancellati o sparire dalla rete, non così tutte le tracce delle attività online, le archiviazioni di terze parti e via dicendo”
Anche semplicemente cancellare un proprio account su Facebook o Myspace potrebbe rivelarsi complicato, ma è niente in rapporto a contenuti che ci riguardano ma inseriti da altri utenti.
Anche quando un network sparisce, come nel caso di Neurona (assorbito da Xing) Google continua a indicizzare per mesi o anni i link ai profili e alle discussioni, anche se in contenuti non sono più accessibili.
Da quanto detto emerge un dato chiaro, ovvero che Internet ha una memoria lunga e che quindi diventa opportuno gestire al meglio i dati sensibili che riguardano la nostra individualità, la nostra carriera e la nostra azienda.
Questo riguarda sia le informazioni personali che i fatti di cronaca e queste dinamiche sono ben conosciute dai professionisti della comunicazione che sanno accendere o spegnere un flame (una fiammata) attraverso strumenti quali comunicati stampa, bollettini, articoli, interviste, servizi.
Su internet le cose funzionano in maniera completamente diversa a causa di un fattore determinante: il motore di ricerca.
Le infomazioni contenute nelle oltre 30 miliardi di pagine pubblicate in rete vengono continuamente analizzate, classificate e indicizzate da software che ci presentano i risultati secondo una classifica di rilevanza ottenuta da algorimti complessi.
In questo caso il motore di ricerca, di cui Google è il capofila non assegna automaticamente un elevata importanza alla data di pubblicazione o alla data in cui un evento si è verificato.
Per fare un esempio concreto cercando il programma della settimana nazionale della cultura si ottiene prima il calendario del 2007 e molto dopo quello del 2008 perché le pagine in questione erano state curate meglio lo scorso anno. Google non capisce che a noi interessa di più il programma attuale!!
Allo stesso modo un professionista o un’azienda finito in uno scandalo poi rivelatosi infondato può vedere decine se non centinaia di pagine che fanno riferimento al fatto di cronaca e magari pochi o lontani riferimenti alla sua onorata carriera ventennale.
E’ inutile cercare un etica o dare un giudizio al comportamento del motore di ricerca, però è possibile sancire e tutelare il diritto di ogni persona all’oblio circa i propri dati personali o in riferimento a fatti di cronaca, attraverso la non indicizzazione eterna nei motori di ricerca.
Lo scorso anno il garante della privacy aveva sancito questo diritto obbligando Google a cancellare alcuni documenti e link lesivi dell’immagine di una donna ingiustamente accusata e poi prosciolta, ma che vedeva il suo nome ancora associato al fatto in questione.
Il web 2.0 ha reso le cose molto più complesse perché sono aumentati in misura stratosferica i contenuti generati dagli utenti; non solo testo ma foto, files audio e video con relativi tags e meta tags.
La tracciabilità delle informazioni ed il cosidetto trackback o backlink è reso in questo modo più complesso perché passa da un mezzo multimediale all’altra attraverso l’ineffabile filo del tag.
Citiamo dal blog Punto informatico:
“Francesco Pizzetti, intervenuto all'Università di Torino in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali, sembra convinto che tra
10 o 15 anni le immagini e i dati pubblicati oggi dalle giovani generazioni possano ritorcersi contro di loro: una preoccupazione comprensibile se si pensa che il Garante ha più volte denunciato quella che ritiene l'inesistenza del diritto all'oblìo per quanto riguarda i dati rilasciati in rete. Sebbene profili e persino intere comunità di social networking possono essere cancellati o sparire dalla rete, non così tutte le tracce delle attività online, le archiviazioni di terze parti e via dicendo”
Anche semplicemente cancellare un proprio account su Facebook o Myspace potrebbe rivelarsi complicato, ma è niente in rapporto a contenuti che ci riguardano ma inseriti da altri utenti.
Anche quando un network sparisce, come nel caso di Neurona (assorbito da Xing) Google continua a indicizzare per mesi o anni i link ai profili e alle discussioni, anche se in contenuti non sono più accessibili.
Da quanto detto emerge un dato chiaro, ovvero che Internet ha una memoria lunga e che quindi diventa opportuno gestire al meglio i dati sensibili che riguardano la nostra individualità, la nostra carriera e la nostra azienda.
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