Il web 2.0 dilaga e, come un enorme marea, sommerge le aziende che avevano tentato rigidamente e inutilmente di tenerlo fuori dai loro sistemi informativi. Le preoccupazioni principali dei CEO e CIO a riguardo sono:
· La sicurezza del sistema informativo;
· la tutela delle informazioni aziendali riservate;
· il rendimento operativo dei dipendenti.
Ma il web 2.0 con i suoi social e business networks, i suoi blog, i suoi wikis è comunque riuscito a conquistare i cuori e le menti dei dipendenti delle aziende grandi e piccole che ne hanno intuito le potenzialità spesso prima dei loro dirigenti e hanno cominciato a far breccia nei rigidi confini delle intranet aziendali. E’ in molti casi impossibile stabilire una netta demarcazione tra attività funzionali o meno al core business dell’azienda, specialmente nel caso di quadri e dirigenti che hanno obbiettivi strettamente correlati alla loro capacità di stabilire relazioni professionali, comunicare efficacemente, sviluppare ed esercitare la propria leadership.
Ma chi dell’informazione e della tecnologia ha fatto il suo mestiere non poteva restare completamente passivo davanti a questo scenario, e gradualmente si sono osservati i primi timidi tentativi di incorporare strumenti web 2.0 all’interno dei sistemi informativi aziendali.
Secondo la mia personale definizione :
L’enterprise 2.0 è un sistema informativo aziendale evoluto che integra i principi del web 2.0, attraverso la ristrutturazione e la riprogettazione delle architetture hardware e software che implementino strumenti di condivisione e comunicazione evoluti con un’ottica orientata al progetto e una virtualizzazione dei terminali utenti , integrando armoniosamente contenuti generati da utenti interni ed esterni alle procedure e politiche aziendali. (Maurizio Salamone)
Per fortuna di enterprise 2.0 si parla anche in Italia. Si è recentemente conclusa a Milano il meeting dell’Osservatorio Enterprise 2.0 del MIP Politecnico di Milano. I numeri fanno capire che l’enterprise 2.0 è gia una realtà e non soltanto la fantasia di alcuni informatici visionari.Esiste una community online denominata Enterprise20.it animata da 176 partecipanti e capace di superare in pochissimi mesi i 160 contributi ed i 1100 visitatori unici su un target fortemente aziendale (principalmente IT Managers e CIO). fonte The Social Enterprise
Tra il 2007 e i primi di quest’anno è stata condotta una ricerca che ha coinvolto 70 aziende private e pubbliche amministrazioni tra le più significative nel nostro paese.
· La sicurezza del sistema informativo;
· la tutela delle informazioni aziendali riservate;
· il rendimento operativo dei dipendenti.
Ma il web 2.0 con i suoi social e business networks, i suoi blog, i suoi wikis è comunque riuscito a conquistare i cuori e le menti dei dipendenti delle aziende grandi e piccole che ne hanno intuito le potenzialità spesso prima dei loro dirigenti e hanno cominciato a far breccia nei rigidi confini delle intranet aziendali. E’ in molti casi impossibile stabilire una netta demarcazione tra attività funzionali o meno al core business dell’azienda, specialmente nel caso di quadri e dirigenti che hanno obbiettivi strettamente correlati alla loro capacità di stabilire relazioni professionali, comunicare efficacemente, sviluppare ed esercitare la propria leadership.
Ma chi dell’informazione e della tecnologia ha fatto il suo mestiere non poteva restare completamente passivo davanti a questo scenario, e gradualmente si sono osservati i primi timidi tentativi di incorporare strumenti web 2.0 all’interno dei sistemi informativi aziendali.
Secondo la mia personale definizione :
L’enterprise 2.0 è un sistema informativo aziendale evoluto che integra i principi del web 2.0, attraverso la ristrutturazione e la riprogettazione delle architetture hardware e software che implementino strumenti di condivisione e comunicazione evoluti con un’ottica orientata al progetto e una virtualizzazione dei terminali utenti , integrando armoniosamente contenuti generati da utenti interni ed esterni alle procedure e politiche aziendali. (Maurizio Salamone)
Per fortuna di enterprise 2.0 si parla anche in Italia. Si è recentemente conclusa a Milano il meeting dell’Osservatorio Enterprise 2.0 del MIP Politecnico di Milano. I numeri fanno capire che l’enterprise 2.0 è gia una realtà e non soltanto la fantasia di alcuni informatici visionari.Esiste una community online denominata Enterprise20.it animata da 176 partecipanti e capace di superare in pochissimi mesi i 160 contributi ed i 1100 visitatori unici su un target fortemente aziendale (principalmente IT Managers e CIO). fonte The Social Enterprise
Tra il 2007 e i primi di quest’anno è stata condotta una ricerca che ha coinvolto 70 aziende private e pubbliche amministrazioni tra le più significative nel nostro paese.
Ma partiamo dalla definizione di Enterprise 2.0 che dà Macfee fonte The Social Enterprise nel suo articolo pubblicato sul MIT Sloan Management Review intitolato “Enterprise 2.0 The Dawn of Emergent Collaboration”e nel post “The Trends Underlying Enterprise 2.0 “,
"Enterprise 2.0 è l’uso in modalità emergente di piattaforme di social software all’interno delle aziende o tra le aziende ed i propri partner e clienti".
Andando ancora più in dettaglio, McAfee passa ad analizzare le singole componenti di questa definizione:
Con social software indichiamo un insieme di tecnologie che mettono in condizione le persone di incontrarsi, scambiare informazioni e collaborare tramite l’ausilio del computer.
Una piattaforma è un ambiente digitale in cui contributi ed interazioni sono resi disponibili in modo persistente nel tempo.
L’aggettivo emergente significa che flussi e struttura non vengono imposti a priori (freeform), ma che al contrario il software include meccanismi capaci di far emergere i pattern di utilizzo nel tempo come frutto delle interazioni tra persone.
Infine freeform implica che il software:
· può essere utilizzato in modo opzionale;
· non è dotato di workflow in fase progettuale;
· prescinde dalle gerarchie aziendali;
· è capace ospitare molteplici tipologie di dati;
"Enterprise 2.0 è l’uso in modalità emergente di piattaforme di social software all’interno delle aziende o tra le aziende ed i propri partner e clienti".
Andando ancora più in dettaglio, McAfee passa ad analizzare le singole componenti di questa definizione:
Con social software indichiamo un insieme di tecnologie che mettono in condizione le persone di incontrarsi, scambiare informazioni e collaborare tramite l’ausilio del computer.
Una piattaforma è un ambiente digitale in cui contributi ed interazioni sono resi disponibili in modo persistente nel tempo.
L’aggettivo emergente significa che flussi e struttura non vengono imposti a priori (freeform), ma che al contrario il software include meccanismi capaci di far emergere i pattern di utilizzo nel tempo come frutto delle interazioni tra persone.
Infine freeform implica che il software:
· può essere utilizzato in modo opzionale;
· non è dotato di workflow in fase progettuale;
· prescinde dalle gerarchie aziendali;
· è capace ospitare molteplici tipologie di dati;
Concretamente, una piattaforma Enterprise 2.0 è il risultato di sei macrocomponenti, i cosiddetti slates :
Meccanismi di ricerca (Search);
Presenza di link (Link);
Possibilità di contribuire alla creazione/editing dei contenuti (Authoring);
Tag (Tagging associato a documenti, utenti, attività);
Meccanismi automatici di suggerimento (Extensions);
Notifiche sugli aggiornamenti (Signals, in particolare e-mail e feed RSS );
Cosa mostrano i dati relativamente alla realtà nazionale?
Il 34% delle imprese (piccole e grandi) mostra un forte interesse verso l’applicazione dell’Enterprise 2.0 ed il 14% sta già lavorando ad implementazioni e progetti pilota.
Il 58% dei CIO intervistati reputa l’Enterprise 2.0 un trend capace di far evolvere il modello organizzativo, mentre l’11% parla di una rivoluzione nel modo di fare azienda. Un 18% rimane in attesa, mentre il restante 11% vede il web 2.0 ancora completamente lontano dall’azienda
Il dato riferito al vertice aziendale (CEO) è certamente meno incoraggiante, ma il 14% spinge in prima persona l’introduzione di iniziative Enterprise 2.0, con 22% disinteressato, un 52% poco informato sugli impatti di business ed un 12% che almeno conosce le tematiche in esame.
Le maggiori barriere all’introduzione? Scarsa comprensione delle potenzialità (51%), difficoltà ad identificare e valutare i benefici economici (48%), la necessità di cambiamenti organizzativi (37%).
Bisogni emergenti e percorsi verso l’Enterprise 2.0
Abbiamo chiarito in precedenza che i dipendenti sono stati in motore primario del l’ingresso del web2.0 in azienda. Ma,quali sono i bisogni e qual’è la risposta delle aziende intervistate per soddisfarli? Leggiamo dallo studio:
L’appartenenza aperta (13%): porosità e apertura dei confini aziendali per un efficace coinvolgimento di attori esterni come fornitori, consulenti, partner e clienti
Social networking (21%): supporto alla crescita e coltivazione di relazioni basate sullo scambio di informazioni e la pubblicazione di profili personali evoluti
Condivisione di conoscenza (30%): elicitazione, coltivazione, diffusione e capitalizzazione della conoscenza tacita, implicita ed esplicita
Collaborazione emergente (30%): abilitazione di scenari di collaborazione sincrona ed asincrona in modo flessibile ed a prescindere delle strutture organizzative formali e gerarchiche
Riconfigurabilità adattiva (20%): supporto al cambiamento reattivo ed efficiente dei processi di business in seguito alla mutazione della strategia organizzativa
Global mobility (25%): accesso agli strumenti e le informazioni dell’Enterprise 2.0 anche in modalità mobile
Analizzando il posizionamento degli intervistati su queste 6 dimensioni, si evidenziano tre percorsi di avvicinamento all’Enterprise 2.0:
Social Enterprise (24%): utilizzo di nuovi schemi di collaborazione e condivisione della conoscenza e gestione delle relazioni superando i limiti spazio-temporali e le barriere gerarchiche per massimizzare efficacia e flessibilità strategica/organizzativa.
Open Enterprise (14%): apertura dei Sistemi Informativi verso entità esterne in modo da fornire selettivamente ad ognuno servizi ed informazioni specifiche, creando nuove modalità di interazione con clienti, fornitori e partner che spesso si traducono in innovazioni di processo, prodotto e servizio. Particolare enfasi nel dare una risposta flessibile, veloce e robusta alle esigenze di dispersione sul territorio e mobilità delle risorse.
Adaptive Enterprise (14%): creazione di un ambiente capace di supportare i processi aziendali in modo sempre più flessibile tramite un’orchestrazione ed integrazione agile dei flussi informativi, in modo da garantire un costante allineamento delle mutevoli esigenze dell’azienda e dei singoli individui.
Secondo l’Osservatorio Enterprise 2.0, la risposta tecnologica deve essere duplice: da una parte le soluzioni tipicamente di social computing (wiki, blog, social network, social tagging, feed rss, podcasting, videosharing, instant messaging, etc) e dall’altra l’evoluzione dei sistemi informativi tradizionali con attenzione alle SOA (Service Oriented Architectures) ed il BPM (Business Process Management) che trovano nuova linfa grazie ai Mashups e l’erogazione dei servizi in modalità SaaS. Tra l’altro sono proprio i sistemi informativi che nel 63% dei casi guidano e indirizzano questa svolta verso il cambiamento. Seguiti a ruota dal Marketing and Sales.
Leggiamo nel blog della community
“Con il termine Social Enterprise intendiamo l’evoluzione del concetto di community nel momento in cui si creano ambienti virtuali allargati in cui le persone, appartenenti anche a funzioni diverse, hanno la possibilità di organizzarsi autonomamente, scambiarsi conoscenza e collaborare per risolvere problemi e creare innovazione per l’azienda.Si tratta di un approccio che, pur non partendo dalle tecnologie, può trovare un fattore abilitante in esse. Le tecnologie utilizzate comprendono sia gli strumenti presenti da tempo nei Sistemi Informativi – come document management, instant messaging, condivisione agende, ecc. – che strumenti innovativi di social computing mutuati dal web 2.0. I Blog, i Wiki, i Social Network, gli RSS e le Folksonomie possono permettere alle persone di interagire e condividere grandi quantità di informazioni, con tempi e costi sempre più contenuti, superando i limiti geografico-temporali e le barriere organizzative alla comunicazione ed al trasferimento della conoscenza, creando nuovi spazi di efficacia e flessibilità strategica ed organizzativa. A differenza dei servizi tradizionali, questi nuovi strumenti sono flessibili e si adattano facilmente alle esigenze e alle dinamiche lavorative delle persone che possono così definire autonomamente le modalità di interazione, di organizzazione delle conoscenze e degli ambienti di lavoro, abilitando processi collaborativi bottom-up.
Le tecnologie in questo caso possono aprire le porte e offrire nuove opportunità, ma il vero cambiamento dovrà però riguardare la cultura aziendale e delle persone in relazione alle logiche interne che comprendono una serie di regole, norme, routine e lotte di potere. Molte persone si dimostreranno inizialmente avverse a cambiamenti di questo tipo, ma l’azienda potrà trovare nella nuova generazione cresciuta con i social software e con una mentalità aperta alla condivisone e collaborazione in rete, il vero motore dell’evoluzione verso la Social Enterprise.”
Tornando ai dati emersi dalla ricerca si può intuire qual’è l’atteggiamento dei CIO, che risulta abbastanza variegato. L’indagine evidenzia i seguenti atteggiamenti:
CIO prudente (54%), che si muove per piccoli passi e con la massima attenzione alle ricadute sull’aziendaCIO urbanista (12%), che cerca di predeterminare un piano regolatore per le infrastrutture e la governance del social computing;CIO animatore (16%) fautore attivo di opportunità di innovazione che coinvolgono direttamente le line.CIO equilibrista (18%) che percorre la via emergente ed infrastrutturale congiuntamente e con la massima velocità e responsabilità possibile.
Enterprise 2.0 e creatività
L’appartenenza aperta (13%): porosità e apertura dei confini aziendali per un efficace coinvolgimento di attori esterni come fornitori, consulenti, partner e clienti
Social networking (21%): supporto alla crescita e coltivazione di relazioni basate sullo scambio di informazioni e la pubblicazione di profili personali evoluti
Condivisione di conoscenza (30%): elicitazione, coltivazione, diffusione e capitalizzazione della conoscenza tacita, implicita ed esplicita
Collaborazione emergente (30%): abilitazione di scenari di collaborazione sincrona ed asincrona in modo flessibile ed a prescindere delle strutture organizzative formali e gerarchiche
Riconfigurabilità adattiva (20%): supporto al cambiamento reattivo ed efficiente dei processi di business in seguito alla mutazione della strategia organizzativa
Global mobility (25%): accesso agli strumenti e le informazioni dell’Enterprise 2.0 anche in modalità mobile
Analizzando il posizionamento degli intervistati su queste 6 dimensioni, si evidenziano tre percorsi di avvicinamento all’Enterprise 2.0:
Social Enterprise (24%): utilizzo di nuovi schemi di collaborazione e condivisione della conoscenza e gestione delle relazioni superando i limiti spazio-temporali e le barriere gerarchiche per massimizzare efficacia e flessibilità strategica/organizzativa.
Open Enterprise (14%): apertura dei Sistemi Informativi verso entità esterne in modo da fornire selettivamente ad ognuno servizi ed informazioni specifiche, creando nuove modalità di interazione con clienti, fornitori e partner che spesso si traducono in innovazioni di processo, prodotto e servizio. Particolare enfasi nel dare una risposta flessibile, veloce e robusta alle esigenze di dispersione sul territorio e mobilità delle risorse.
Adaptive Enterprise (14%): creazione di un ambiente capace di supportare i processi aziendali in modo sempre più flessibile tramite un’orchestrazione ed integrazione agile dei flussi informativi, in modo da garantire un costante allineamento delle mutevoli esigenze dell’azienda e dei singoli individui.
Secondo l’Osservatorio Enterprise 2.0, la risposta tecnologica deve essere duplice: da una parte le soluzioni tipicamente di social computing (wiki, blog, social network, social tagging, feed rss, podcasting, videosharing, instant messaging, etc) e dall’altra l’evoluzione dei sistemi informativi tradizionali con attenzione alle SOA (Service Oriented Architectures) ed il BPM (Business Process Management) che trovano nuova linfa grazie ai Mashups e l’erogazione dei servizi in modalità SaaS. Tra l’altro sono proprio i sistemi informativi che nel 63% dei casi guidano e indirizzano questa svolta verso il cambiamento. Seguiti a ruota dal Marketing and Sales.
Leggiamo nel blog della community
“Con il termine Social Enterprise intendiamo l’evoluzione del concetto di community nel momento in cui si creano ambienti virtuali allargati in cui le persone, appartenenti anche a funzioni diverse, hanno la possibilità di organizzarsi autonomamente, scambiarsi conoscenza e collaborare per risolvere problemi e creare innovazione per l’azienda.Si tratta di un approccio che, pur non partendo dalle tecnologie, può trovare un fattore abilitante in esse. Le tecnologie utilizzate comprendono sia gli strumenti presenti da tempo nei Sistemi Informativi – come document management, instant messaging, condivisione agende, ecc. – che strumenti innovativi di social computing mutuati dal web 2.0. I Blog, i Wiki, i Social Network, gli RSS e le Folksonomie possono permettere alle persone di interagire e condividere grandi quantità di informazioni, con tempi e costi sempre più contenuti, superando i limiti geografico-temporali e le barriere organizzative alla comunicazione ed al trasferimento della conoscenza, creando nuovi spazi di efficacia e flessibilità strategica ed organizzativa. A differenza dei servizi tradizionali, questi nuovi strumenti sono flessibili e si adattano facilmente alle esigenze e alle dinamiche lavorative delle persone che possono così definire autonomamente le modalità di interazione, di organizzazione delle conoscenze e degli ambienti di lavoro, abilitando processi collaborativi bottom-up.
Le tecnologie in questo caso possono aprire le porte e offrire nuove opportunità, ma il vero cambiamento dovrà però riguardare la cultura aziendale e delle persone in relazione alle logiche interne che comprendono una serie di regole, norme, routine e lotte di potere. Molte persone si dimostreranno inizialmente avverse a cambiamenti di questo tipo, ma l’azienda potrà trovare nella nuova generazione cresciuta con i social software e con una mentalità aperta alla condivisone e collaborazione in rete, il vero motore dell’evoluzione verso la Social Enterprise.”
Tornando ai dati emersi dalla ricerca si può intuire qual’è l’atteggiamento dei CIO, che risulta abbastanza variegato. L’indagine evidenzia i seguenti atteggiamenti:
CIO prudente (54%), che si muove per piccoli passi e con la massima attenzione alle ricadute sull’aziendaCIO urbanista (12%), che cerca di predeterminare un piano regolatore per le infrastrutture e la governance del social computing;CIO animatore (16%) fautore attivo di opportunità di innovazione che coinvolgono direttamente le line.CIO equilibrista (18%) che percorre la via emergente ed infrastrutturale congiuntamente e con la massima velocità e responsabilità possibile.
Enterprise 2.0 e creatività
A mio modesto parere, quando ci si accorge che un cambiamento è in pieno svolgimento è troppo tardi per poterlo guidare. L’attenzione dei CIO e dei dirigenti aziendali giunge tardiva e poco condivisa. Le proposte di piattaforme integrate da parte di grandi gruppi come SAP e IBM sono ancora allo stato embrionale.Sono certo che Enterprise 2.0 sarà anche gioco. Solo nel gioco l’essere umano può sviluppare al meglio le sue attività creative. La possibilità di dare un contributo personale allo sviluppo della cultura aziendale è un altro pilastro che le aziende non dovrebbero sottovalutare.Mi risulta che molte aziende hanno cominciato a creare una propria wikipedia personalizzata per raccogliere e condividere meglio il tesoro di conoscenze distribuito tra i dipendenti , che con i vecchi strumenti non era valorizzato. La creatività si innesta spesso su terreno fertile di conoscenze e di tradizioni condivise, sia in azienda che nel mondo esterno.
Per scaricare la ricerca in formato PDF (richiede una registrazione gratuita)
No comments:
Post a Comment