Il marketing tribale (tribal marketing) è una strategia del marketing teorizzata tra il 2000 e il 2004, mirante a creare una comunità collegata ad un prodotto o servizio o brand che si intende promuovere. Analizzando con tecniche antropologiche e strumenti presi a prestito dalla sociologia applicata i segmenti di mercato target per un prodotto, il marketing manager, crea una nucleo formante (inizialmente in seno all’azienda) e fortifica il sentimento comunitario dei consumatori, attraverso strategie atte catalizzare la crescità di una comunità autoalimentante, per poi supportarne lo sviluppo e l'autoriconoscimento. Il marketing tribale fa un uso estensivo degli strumenti del web 2.0 e promuove la creazione di contenuti generati dagli utenti, la creazione di spazi personali all’interno dei portali aziendali etc, la partecipazione dei connsumatori al corporate blog, etc. I fondatori del m.t. sono stati i francesi Michel Maffesoli e Bernard Cova, il secondo ritenuto il teorico del tribalismo, che fin dall'origine l'hanno contrapposto come alternativa mediterranea al marketing classico di stampo anglosassone. Secondo Bernard Cova, autore de “Il marketing tribale”, l’interesse per il vissuto quotidiano del consumatore rappresenta uno dei mutamenti più notevoli verificatisi nel marketing nell’ultimo decennio. L’esponente del marketing mediterraneo mette in evidenza la tendenza del consumo postmoderno a una sorta di “ri-radicamento” al territorio, attraverso la ricerca di radici e legami sociali.
Ma cos’è la tribù (in senso postmoderno riferito al marketing)?
Bernard Cova definisce la tribù come un insieme di individui con caratteristiche socio-demografiche molto diverse, ma collegati da una stessa soggettività, passione, esperienza, e capaci di azioni collettive vissute intensamente benchè effimere, il tutto in un modo fortemente ritualizzato. La tribù è una comunità emozionali in cui si condividono passioni comuni.
Paola Lazzarini definisce le tribù come “micro-gruppi sociali composti da individui eterogenei (per età, sesso, reddito) uniti dalla condivisione di una passione, di una soggettività o di un’emozione. La loro esistenza ha senso solo nella manifestazione simbolica e rituale del commitment dei loro membri, capaci di azioni collettive vissute intensamente (anche se spesso effimere) secondo modalità fortemente ritualizzate. La tribù è quindi una comunità di esperti pronti a vivere e sperimentare le potenzialità e l’eccezionalità del loro “oggetto” di interesse senza pregiudizi né tabù, cercando, al contrario, di manifestare autenticamente il senso, il privilegio e la soddisfazione derivanti dall’abbracciare un preciso lifestyle.
Non sono gruppi creati da interessi commerciali che si ritrovano per speculare o per fare della propria passione un business ma numerose associazioni di estimatori che oltre ad un prodotto hanno aderito ad uno stile di vita.”
Al concetto di tribù locale è strettamente collegato il bisogno generalizzato, da parte dei consumatori, di autenticità: questa istanza è appagata sempre meno dall’etichetta o dal riconoscimento ufficiale e sempre più dal senso di comunanza tra i membri del gruppo.
La strategia che questo nuovo approccio propone è dunque non tanto quella di stabilire un legame personale con il cliente, quanto piuttosto quella di alimentare e sostenere il legame fra i clienti stessi, aiutandoli a condividere le proprie passioni e a sentirsi parte di un gruppo.
Nel marketing tribale, di conseguenza, l'intimità con il cliente passa attraverso il coinvolgimento dell'azienda nella tribù: sostenendo e partecipando ai suoi rituali l'azienda ne diventa un membro a tutti gli effetti. In questo modo il consumatore smette di essere “cliente” e diventa “fan”, sviluppando una vera e propria fedeltà affettiva nei confronti dell'azienda e/o della marca.
Il marketing tribale è applicabile solo in alcuni casi. Tra i requisiti principali ci deve essere un prodotto con la P maiuscola, con una propria personalità e/o caratteristiche di qualità riconosciute. Ducati è l’esempio più famoso e riuscito di markeing tribale. Considerate che il sito ufficiale con più di 7 milioni di visitatori unici all’anno e oltre 10 milioni di pagine visualizzate al mese, è uno dei siti motociclistici più frequentati al mondo e molto di più. E’ l’officina dove si costruisce il futuro dell’immagine e della strategia di comunicazione aziendale.
Altri casi esemplari sono Nutella e Harley Davidson.
Ma cos’è la tribù (in senso postmoderno riferito al marketing)?
Bernard Cova definisce la tribù come un insieme di individui con caratteristiche socio-demografiche molto diverse, ma collegati da una stessa soggettività, passione, esperienza, e capaci di azioni collettive vissute intensamente benchè effimere, il tutto in un modo fortemente ritualizzato. La tribù è una comunità emozionali in cui si condividono passioni comuni.
Paola Lazzarini definisce le tribù come “micro-gruppi sociali composti da individui eterogenei (per età, sesso, reddito) uniti dalla condivisione di una passione, di una soggettività o di un’emozione. La loro esistenza ha senso solo nella manifestazione simbolica e rituale del commitment dei loro membri, capaci di azioni collettive vissute intensamente (anche se spesso effimere) secondo modalità fortemente ritualizzate. La tribù è quindi una comunità di esperti pronti a vivere e sperimentare le potenzialità e l’eccezionalità del loro “oggetto” di interesse senza pregiudizi né tabù, cercando, al contrario, di manifestare autenticamente il senso, il privilegio e la soddisfazione derivanti dall’abbracciare un preciso lifestyle.
Non sono gruppi creati da interessi commerciali che si ritrovano per speculare o per fare della propria passione un business ma numerose associazioni di estimatori che oltre ad un prodotto hanno aderito ad uno stile di vita.”
Al concetto di tribù locale è strettamente collegato il bisogno generalizzato, da parte dei consumatori, di autenticità: questa istanza è appagata sempre meno dall’etichetta o dal riconoscimento ufficiale e sempre più dal senso di comunanza tra i membri del gruppo.
La strategia che questo nuovo approccio propone è dunque non tanto quella di stabilire un legame personale con il cliente, quanto piuttosto quella di alimentare e sostenere il legame fra i clienti stessi, aiutandoli a condividere le proprie passioni e a sentirsi parte di un gruppo.
Nel marketing tribale, di conseguenza, l'intimità con il cliente passa attraverso il coinvolgimento dell'azienda nella tribù: sostenendo e partecipando ai suoi rituali l'azienda ne diventa un membro a tutti gli effetti. In questo modo il consumatore smette di essere “cliente” e diventa “fan”, sviluppando una vera e propria fedeltà affettiva nei confronti dell'azienda e/o della marca.
Il marketing tribale è applicabile solo in alcuni casi. Tra i requisiti principali ci deve essere un prodotto con la P maiuscola, con una propria personalità e/o caratteristiche di qualità riconosciute. Ducati è l’esempio più famoso e riuscito di markeing tribale. Considerate che il sito ufficiale con più di 7 milioni di visitatori unici all’anno e oltre 10 milioni di pagine visualizzate al mese, è uno dei siti motociclistici più frequentati al mondo e molto di più. E’ l’officina dove si costruisce il futuro dell’immagine e della strategia di comunicazione aziendale.
Altri casi esemplari sono Nutella e Harley Davidson.
Ma adesso siamo nel 2008!!!! Come stà cambiando il marketing tribale e quali sono i nuovi trend del marketing di frontiera????
Una risposta sembra arrivare da Patrizia Musso, Direttore Brandforum.it
Lei pensa che il camaleontismo sarà una caratteristica del marketing del futuro.
Mi viene quasi di fare uno strano parallelismo tra il mash-up delle applicazioni software e questo comportamento trasformista dei prodotti e dei marchi.
Tutto questo senza l'aiuto di sostanze psicotrope
Lei pensa che il camaleontismo sarà una caratteristica del marketing del futuro.
Mi viene quasi di fare uno strano parallelismo tra il mash-up delle applicazioni software e questo comportamento trasformista dei prodotti e dei marchi.
Tutto questo senza l'aiuto di sostanze psicotrope
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